In Italia, lo ha detto Stefano Boeri, il geniale architetto del bosco verticale a Milano, ci sono circa 2000 borghi abbandonati, ormai vere e proprie entità fantasma.
Sono tutti nell’entroterra, in prossimità di campi e monti, luoghi isolati, sommersi dalla natura, tanto che sembrano essere stati sospesi nel tempo.
Il loro recupero potrebbe diventare da progetto utopico e provocatorio (vi ricordate le case offerte ad 1 euro?) a realtà.
La mobilità compressa e negata alle masse diventa una chance irrinunciabile. Lo Stato potrebbe contribuire cablando e aiutando con fiscalità ridotta e incentivi il progetto.
Domani dobbiamo abituarci a far viaggiare velocemente idee e prodotti ma ahimè molto meno le persone. Il trasporto pubblico non sarà mai in grado di sostenere il distanziamento sociale, le città e le attività vedranno modifiche culturali enormi.
Quindi ipotizzare di avvicinarsi tutti e riunirsi, perchè no, in uno di questi piccoli borghi per far sviluppare nuove idee, potrebbe essere un aspetto interessante da valutare.
Il borgo abbandonato diventa hi-tech
La bellezza di piccoli centri storici potrebbe essere uno stimolo importante per schiere di creativi e di imprenditori visionari che potrebbero utilizzarli come veri e propri laboratori di sperimentazione.
Stesso discorso per i produttori locali che fino a ieri erano ai margini del mercato e che da domani potrebbero ritrovarsi ad occupare uno spazio più ampio.
Chiudete gli occhi e immaginate un paesino dalle mura medievali con laboratori hi tech di grafica e comunicazione avanzata e prodotti km zero che arrivano immediatamente sullo schermo del vostro device e nei vostri piatti.
Le aziende distributrici potrebbero adottare uno o più borghi con l’idea di creare un network di prodotti certificati e legati ad eccellenze territoriali. Una rete destinata ad espandersi, fino a convogliare eventi, convention aziendali e turismo eno-gastronomico, che potrebbero avere impulso notevole e portare a nuove entrate.